Chi siamo
Valeria
Sono Valeria Margutti, ho partecipato al campo estivo “Le3A” in veste di educatrice,
in particolar modo quello di accogliere i bambini al mattino. E’ stata una bellissima
esperienza, nuova per me: mi ha permesso di imparare tante cose, soprattutto
accompagnando Anna nei suoi lavori con i bambini. Sono qui per cercare di
rappresentare, anche attraverso le immagini, quello che è stato fatto durante i mesi di
luglio e agosto.
Marcello
Mi chiamo Marcello Bergamini, sono il padre di due bambini che hanno frequentato
in questi anni il campo estivo. Sono parte del comitato genitori “Le3A” che, insieme
e grazie alla collaborazione di Anna Bellini, ha pensato, organizzato e istituito questo
campo estivo.
Il comitato genitori “Le3A” che oggi rappresento è nato nella primavera del 2004 ed
era allora formato da nove persone. La sua costituzione rappresentava in quel
momento la conclusione di un itinerario di conoscenza e di stima reciproca fra il
nostro gruppo di genitori e l’insegnante di scuola elementare Anna Bellini, che i
nostri figli avevano avuto tre anni prima quando frequentavano la classe seconda.
Eravamo venuti a conoscenza di una particolare modalità, per noi nuova, di stare
insieme ai bambini e di prendersi cura di loro. Una modalità, che abbiamo imparato,
nasceva dalle radici culturali e della formazione professionale di Anna Bellini presso
il Movimento di Cooperazione Educativa (M.C.E. vedi nota n.1).
Quando Anna Bellini è andata in pensione, il nostro rapporto è continuato
modificandosi e, nel tempo, ha permesso l’approfondimento e la condivisione di
alcuni temi relativi all’infanzia, ad esempio l’importanza della qualità e di alcune
modalità della relazione, le caratteristiche di certe modalità di apprendimento che
possono favorire il raggiungimento delle competenze cognitive e di sviluppo,
attraverso dei percorsi individuali e collettivi legati alla creatività.
Inoltre avevamo condiviso l’importanza che ci fosse un ambiente tranquillo, caldo,
accogliente in cui i bambini potessero ascoltarsi l’un l’altro, mettersi in relazione per
poter condividere e realizzare qualcosa di costruttivo.
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A questo punto nacque l’idea di cercare un ambiente stabile nel quale dar vita a
quella sorta di progetto che era scaturito da queste riflessioni.
L’estate, come ben si sa, è un periodo un pò critico per tutte le famiglie che hanno
impegni di lavoro. Abbiamo pensato così di impiantare un nuovo campo estivo nel
quale i nostri bambini potessero passare delle giornate in un ambiente disteso,
accogliente, nel rispetto dei ritmi individuali ma anche, e questo conta molto per noi,
che fossero seguiti da educatori preparati ed in grado di instaurare delle relazioni di
cura e di ascolto positive. Ed è da queste riflessioni che sono nate “Le3A” , che
significano Accogliere, Ascoltare e Amare.
Avevamo accarezzato l’idea, in un primo momento, di trovare una vera e propria casa
che potesse favorire la creazione di un clima sereno ed il più possibile simile ad un
ambiente domestico, ma questo non ci fu consentito per via dei costi d’affitto.
Siamo così ricorsi ai Servizi Comunali di Ferrara e successivamente ad una Direzione
Didattica della zona Sud.
Queste istituzioni ci hanno gentilmente concesso l’utilizzo della scuola elementare
Bruno Ciari di Cocomaro di Cona, dove già da quattro anni si svolge durante i mesi
estivi di luglio e agosto il nostro campo.
Questa scuola si è rivelata nel tempo particolarmente idonea, essendo una struttura
tutta a pianterreno, dotata di numerose stanze, ampie, con comunicazione fra l’interno
e l’esterno, per cui i bambini hanno la possibilità di circolare tra dentro e fuori in un
ambiente di totale sicurezza.
Queste caratteristiche ambientali, unite alla scelta, per noi restrittiva in senso
economico, di limitare l’affluenza al campo ad un numero massimo di 15 bambini per
settimana, hanno consentito in questi anni ad Anna Bellini e ai suoi collaboratori, che
devo riconoscere sempre qualificati, di dar vita a quelle relazioni di cura e di ascolto
che hanno rappresentato e rappresentano lo spirito fondante del nostro comitato e del
progetto educativo “Le3A”. In questo contesto si sono attuate le attività laboratoriali
di cui Anna Bellini presenterà alcuni frammenti.
Queste peculiarità : il numero limitato a 15, la costante relazione d’ascolto, la cura e
le competenze, hanno contribuito a creare il terreno favorevole soprattutto per
accogliere bambini diversamente abili seguiti da un educatore specifico, ad ospitare
gratuitamente per brevi periodi, bambini di diverse nazionalità e,
contemporaneamente, hanno consentito la presenza di bambini di età diverse, fino ad
un’età quasi adolescenziale.
Infatti negli ultimi due anni il campo si è arricchito di un nuovo gruppo di ragazzini
di scuola media: I Ràga.
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Nel periodo in cui bambini e ragazzi sono insieme, i grandi in parte svolgono attività
per conto loro con il proprio educatore, ed in parte fungono da “tutor” dei piccoli
allestendo mini- gruppi in cui tenere laboratori vari in base alle competenze e ai
desideri dei ragazzi. Ci sono ad esempio gruppi di musica, canto, danza, disegno,
pallacanestro dove i piccoli si alternano guidati da uno o due grandi .
Anche questa è stata un’esperienza molto positiva e costruttiva .
Concludo brevemente ricordando le mostre organizzate una presso la Biblioteca
Bassani e una presso la sala dell’Imbarcadero del Castello Estense, finalizzate sia a
valorizzare quanto i bambini avevano prodotto durante l’estate precedente, che a
stimolare un’attenzione critica verso ciò che si era andato facendo ed inoltre è stato
un momento importante come forma di restituzione e di apertura al territorio.
Alla fine del terzo anno, abbiamo messo in scena al teatro Sala Estense di Ferrara,
uno spettacolo musicale in costume, un musical , “ Sulle ali del tempo”, che ha visto
come attori e cantanti tutti i bambini e tutti i ragazzi che hanno partecipato al campo.
Questa esperienza ha consentito in questi anni uno scambio reciproco e costruttivo di
esperienze e di idee che è avvenuto sia tra genitori e genitori, che tra genitori ed
educatori, pur nel mantenimento primario della maturazione anche affettiva dei nostri
figli.
Anna
Mi chiamo Anna Bellini e desidero ringraziare vivamente tutte le persone che hanno
visto in qualche modo nascere questo progetto de “Le3A”, ne hanno seguito lo
sviluppo ed hanno continuato a crederci.
Desidero ringraziare l’ENDAS provinciale di Ferrara che provvede alla copertura
assicurativa degli educatori, dei bambini e dei volontari che frequentano il campo.
Il progetto è partito da un momento di incontro, fra me ed alcuni genitori, in cui si è
attivato una relazione autentica fondata sulla narrazione di sè attraverso l’ascolto
reciproco.
Provo una grande soddisfazione nell’essermi ritrovata nelle parole dei relatori che mi
hanno preceduta, in particolare in quelle del dottor Riziero Zucchi, che vanno a
convalidare il nostro fare e mi riconfermano l’appartenenza a quelle matrici culturali
(...Vigotskj, Dewey, Brunner, Piaget, M.C.E...).
Come è nata questa esperienza? In parte vi ha già parlato il dottor Bergamini.
Dicevo prima con la dottoressa Bondi che quando abbiamo trovato questa sigla, era
un momento particolare: imperversavano le tre I – Informatica, Inglese, Impresa,
della legge Moratti -, e noi eravamo molto contenti di aver trovato queste tre A che,
nel loro piccolo, potevano in qualche modo testimoniare con la nostra presenza una
visione diversa dell’educazione e della realtà.
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Le 3A rispecchiano una modalità di essere che fa da sfondo affinchè ci siano le
relazioni.
Quando sono stata invitata a partecipare a questo convegno avevo moltissime cose da
dire e da farvi vedere. Ho cercato di restringere il più possibile e ho focalizzato le
immagini che vedrete.
Inizio dalla prima A che è ACCOGLIERE.
Credo fermamente che l’accogliere e l’accoglienza non siano” progetti” da sviluppare
o relegare in tempi determinati: i primi giorni dell’anno scolastico, alcune ore del
giorno....., penso che sia un atteggiamento di fondo del sè e che perciò c’è sempre e
comporta la sospensione del giudizio.
Accogliere comprende la capacità di contenere le emozioni dei bambini, sapendo
che anche lo sviluppo cognitivo si fonda sui rapporti relazionali, ed è possibile
all’interno di un quadro relazionale positivo.
E’ una forma di presenza-assenza che permette ai bambini di essere se stessi in tutta
la propria individualità, senza essere ingabbiati da streotipi o moralismi.
L’immagine che vedete è la sintesi finale di un’attività precedente. Quel mattino i
bambini erano venuti al campo diciamo “vivaci”, ed avevano tante parolacce da dire
che di più non ce ne potevano stare. Quando sono arrivata Valeria, l’educatrice di
turno, aveva i capelli dritti. Allora ho pensato di raccogliere tutte le parolacce che
ogni bambino conosceva in tanti bigliettini.
In quel momento qualche bambino ha detto “Ma io non le voglio scrivere, perchè tu
dopo lo dici a mia mamma”. Questo la dice lunga su come noi adulti ci rapportiamo
con i bambini, perdendo la loro fiducia.
Il rito è proseguito dando fuoco ai bigliettini. Finito il fuoco, c’era un grande silenzio
in giardino quella mattina. Ho pensato di far ascoltare ai bambini il Silenzio. Ogni
bambino doveva ascoltare una parola sola detta dal Silenzio, portarla con sè per poi
mettersi a lavorare nella produzione delle pitture.
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Le pitture venivano svolte in piccoli gruppi, dove ognuno trovava il proprio spazio
liberamente. Le pitture sono un momento importante di rielaborazione delle attività di
tipo corporeo, sia che siano giochi o attività di drammatizzazione.
La seconda A è ASCOLTARE.
Nella narrazione vi è una relazione reciproca, per cui colui che ascolta, poi, è anche
quello che a sua volta si mette a raccontare. Ed è in questa posizione che è necessario
mettere i bambini in modo che possano ascoltare: sentire sè e l’altro da sè.
Credo sia importante per noi educatori e genitori saper guardare dietro gli stereotipi,
per non rimanere prigionieri del contingente e della concretezza che spesso
condizionano e ci impediscono di fare un piccolo salto per andare oltre.
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L’attività che vedete nelle foto, è stata svolta attraverso animazioni e giochi di
riconoscimento in un processo di individuazione e di integrazione continuo. Le parole
dei bambini riguardano la persona considerata in quel momento. L’altro viene
percepito con le proprie contraddizioni ed ambivalenze. L’ immagine successiva
racconta di un’amicizia nata da un incontro vissuto come una storia abbastanza
difficile. Si è presentato un bimbo straniero che, proprio per la sua storia personale,
presentava disagi nelle relazioni creando scompiglio nel gruppo. Per fortuna i genitori
sono stati così attenti che, parlando insieme, hanno riconosciuto l’opportunità di far
venire il bambino non solo per una settimana, come era stato concordato, ma per ben
quattro settimane. Abbiamo così avuto il tempo per organizzare delle attività
partendo da lui come centro.
Nella foto, i bambini hanno scritto della
gioia e della rabbia, che sono emozioni
contrastanti ed ambivalenti. Credo sia
molto importante che i bambini imparino
a riconoscere e nominare quelle che sono
le emozioni, anche quelle contrastanti e
ambivalenti in quanto ci appartengono
come persone.
La terza A è AMARE.
Questa è una parola abusata, stereotipata, difficile. E’ difficile parlare di amore, è
difficile perchè, forse, ne abbiamo paura. Abbiamo paura di esprimere cosa significa
amare.
Quando penso alla parola amare in educazione, penso a don Milani, al suo modo di
amare con tutto se stesso. Credo che amare voglia dire sentire il “qui e ora” della e
nella relazione. Una relazione educativa è porsi in funzione dell’altro, farsi sponda,
assumersi la responsabilità come adulto che guida, contiene, sollecita,
stimola...affinchè il bambino e il ragazzo vadano alla ricerca del proprio sè e della
autonomia necessaria ad attivare la propria forza interiore. Credo sia necessario
essere fedeli a se stessi, sentire, prendere a cuore, sentire sè e l’altro da sè.
In questi giorni, mentre preparavo la relazione, pensavo a Spinoza che, nel suo “Etica
e trattato teologico politico” edizioni Utet, parla di “Potentia” che è una nostra parte
interiore e ci mantiene in costante relazione con noi stessi, con gli altri e con il
mondo. E’ una qualità che possediamo come esseri umani e che ci dà la possibilità di
affrontare le difficoltà della vita. E’ appunto in questa direzione e in questa modalità
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che le attività del campo hanno cercato di concretizzare: l’attivazione della
“potentia”, affinchè ogni momento di ludicità, espressione, riflessione,
comunicazione e di cretività, potesse essere e diventare formativo.
L’attività che vedete nelle foto, è partita da una conversazione con i bambini sulla
Apro una parentesi. Credo sia fondamentale parlare ai bambini con sincerità, in modo
semplice e chiaro, ma anche diretto. Negli adulti, che tendono a nasconderlo, nei
bambini che non se ne rendono conto ma lo sentono, la disabilità provoca disagio. Per
avviare una relazione autentica, ho attivato una conversazione sulla disabilità di N.
Dalla conversazione era uscito che i bambini hanno paura della disabilità perchè
pensano che possa essere una malattia e che possa essere trasmessa. Toccare un
bambino disabile, che sbava, che non parla, e che ci mette veramente in crisi, fa
paura. Qualcuno addirittura diceva che aveva paura di morire. Quindi dentro ai nostri
bambini ci sono delle grosse emozioni e vanno stimolate ad emergere. Bisogna avere
il coraggio di lasciarle esprimere, semplicemente perchè ci appartengono.
Nell’arco della discussione i bambini sottolineavano la difficoltà di N. a parlare.
Anche questo è uno dei disagi: non c’è la parola e sembra che non ci sia
comunicazione. Allora ho chiesto “ Ma cosa esprime?” e loro rispondevano” Lui sa
esprimere molto bene la gioia”.
Noi diamo scarso valore al linguaggio corporeo e ai diversi linguaggi di cui anche il
professor Zucchi parlava prima, che sono tutti quei linguaggi che parlano alla
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complessa rete delle percezioni, sensazioni, emozioni e portano all’astrazione, al
linguaggio simbolico e al pensiero.
Tornando a noi, hanno visto che il bimbo manifestava la sua gioia, come potete
vedere dalla foto, con tutto se stesso. E di nuovo ho chiesto “Ma noi riusciamo a
manifestare la nostra gioia?” E loro “Insomma!?!”.
Quindi l’attività successiva è stata un’animazione musicale dove tutti i bambini
potevano esprimere la propria gioia con il corpo.
Qui purtroppo non si vedono le immagini dei bambini perchè al campo quest’estate
abbiamo avuto una bella sorpresa: sono venuti i ladri e ci hanno portato via le
macchine fotografiche, così ora tante immagini non si possono vedere.
Si sono salvati i lavori...anche i ladri non ritengono importanti i lavori dei bambini!!!
I bambini poi hanno disegnato. Ognuno di loro si prendeva uno spazio lavorando
però in gruppo; e questo ha un grande valore di socializzazione. Sopra il titolo c’è
scritto “Io provo gioia quando...”
Prima di dipingere le proprie pitture, ciascuno aveva detto quando provava gioia.
Volevo farvi notare come i bambini per rappresentare le emozioni, i sentimenti, usino
l’ astratto. Ho portato spesso testi di artisti contemporanei: Mirò, Kandinskij,
Cuniberti, Mattioli, Morlotti, Vedova, Fontana, Burri... per avvicinare i bimbi a
questa forma di arte che è sconosciuta a molti, ma ci dà uno spaccato della realtà di
oggi.
E’ una forma di pittura necessaria perchè collegata al pensiero simbolico,
all’astrazione, e lo rappresenta. Penso che gli educatori debbano avere delle
competenze sui vari tipi di linguaggi, in particolare su quelli che, come i disegni con
i segni, le forme e i colori, sono le basi ,“ l’alfabeto” del pensiero simbolico che, a
sua volta, forma i concetti e il linguaggio. Non bastano le attività sensopercettive
per sviluppare queste funzioni del pensiero.
Il tema del campo di quest’anno era lo “spazio” inteso nelle sue varie accezioni:
fisico, sensoriale, interiore, simbolico, psicologico.
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Il laboratorio di danza, tenuto come ogni anno da Paola Gherardi, docente MCE,
aveva attraversato i vari aspetti della Terra: la solidità dei sassi, della roccia e del
terreno; l’umidità delle grotte, delle caverne, il movimento del mare, lo scorrere dei
fiumi per le varie forme d’Acqua. La leggerezza e mobilità delle nuvole, l’energia dei
venti per l’Aria. Lo scaturire del calore dal ventre della terra, la dinamicità e la
flessuosità del Fuoco. Tutte queste caratteristiche fisiche dei quattro elementi sono
state danzate con il corpo dai bambini, trasformate in danze rituali, messe in relazione
con le cartteristiche interiori di emozioni, sentimenti e momenti vissuti nelle
esperienze personali. Le analogie emerse e le trasformazioni da un elemento all’altro
sono state infine rappresentate con materiali, forme e colori, che hanno stimolato
pensieri, parole e scritture in un gioco circolare di comunicazione.
Dopo il laboratorio di danza (foto n.8 e 9), come accadeva con altre attività, i bambini
lavoravano con me nella elaborazione di contenuti sperimentati durante i laboratori
che, in genere, venivano attivati nelle mattinate. Come si può vedere il titolo è “Dal
pesante al leggero” ed esprime con chiarezza la metamorfosi dalla Terra all’Aria che
accade in natura e anche dentro di noi. Ho inoltre incluso la parola “Metamorfosi”,
perchè parola pregnante e significante per tutti i processi di vita.
L’ immagine n. 9 è il disegno di D., bambino disabile presente in tutte le attività che,
pur avendo grosse difficoltà motorie, è riuscito ad esprimere la sua leggerezza.
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foto n. 8 foto n. 9
foto n. 10
L’immagine n.10 si riferisce ad un momento di rilassamento, che avveniva
regolarmente dopo il pranzo come tempo di benessere e quiete, dove i bambini
dovevano visualizzare il loro angelo custode. Nell’ immagine di sinistra ci sono
disegni stereotipati degli angeli e solo quello al centro è un’immagine astratta. Per
avviarli alla creatività e all’astrazione è necessario aiutare i bambini ad uscire dagli
stereotipi. Ho dunque chiesto ai bambini cosa c’era nelle immagini di uguale e di
diverso, mi hanno risposto che il disegno al centro era privo di forma, ma si capiva
ugualmente che era un angelo. E quindi, nello stesso tempo, si sono dati l’input per
disegnare di nuovo, dando vita ad altri angeli con un linguaggio astratto. Dopo i
disegni i bambini avevano inventato alcune belle poesie che ho raccolto in fascicoli.
Quest’altra immagine, foto n 11,
appartiene ad un percorso che si snoda
dalla fiaba alla ricerca di se stessi
attraverso un processo di empatia e di
riconoscimento.
La fiaba sa andare in profondità utilizzando l’ambiguità e l’allusività date dai
contenuti fortemente emotivi ed esistenziali, è in grado di veicolare temi forti,
ambivalenti e paurosi, che possono presentare un certo rischio emotivo, come ha
detto il Bettelheim ne “Il mondo incantato”.
Dopo la lettura di una fiaba di Basile “L’orsa”, tratta dal testo di Adalinda Gasparini
“Le prime fiabe del mondo” in cui l’autrice, psicanalista younghiana, non effettua
alcuna –pulizia- sui testi originali per lasciare al linguaggio la sua forza, ogni
bambino ha cercato di trovare le caratteristiche dei protagonisti della fiaba, lavorando
con le sagome naturali di due bambini e con i colori usati per denominare le
caratteristiche scritte con le parole, realizzando una combinazione di più linguaggi
che potenzia la ricerca.
La foto n. 12 è un’ immagine della festa con
i genitori e di gioco-lavoro con Federica
Loponte, educatrice dei bimbi diversamente
abili. Guardandole mi sono resa conto che
educatori, genitori...,gli adulti, in ogni
situazione dovrebbero possedere una
caratteristica fondamentale: l’autorevolezza
amorosa che consiste nel rimanere in
contatto con il proprio sè-bambino,
continuando ad essere adulti responsabili
all’interno della relazione bambino-adulto,
che è sempre una relazione asimmetrica.
La foto n. 13 indica il gruppo Ràga al lavoro! E’ la parte finale di un laboratorio
condotto da un educatore, Giacomo Stefani, che è stato presente nel mese di Agosto
con i più grandi con cui ha effettuato un percorso incentrato sull’ascolto dello spazio
I ragazzi, dopo un momento di pratica yoga, avevano visualizzato un albero
immaginario in cui poter rispecchiare le caratteristiche personali di ciascuno.
Dall’immagine ideale dell’albero si è passati a ritrovare la corrispondente immagine
in un albero presente nel giardino della scuola, rispecchiando così un movimento
interno-esterno, esterno-interno, come segno tangibile delle proprie elaborazioni
mentali, date dal percorso senso-percettivo ed emotivo.
Dalla relazione del progetto di Giacomo Stefani ”Sentieri nei boschi dell’identità:
alberi, emozioni, colori” :
“ L’obiettivo principale è stato quello di partire da strade diverse per poi far
congiungere i due aspetti della ricerca, dove nella prima settimana all’interno di un
gruppo si tendeva a far spiccare la personalità, il gusto e quindi l’individualità di ogni
ragazzo all’interno di un sistema maggiormente legato agli altri; nella seconda
settimana dopo un percorso invece più individuale si è voluto far confluire il lavoro
verso un confronto con gli altri che tendeva a sottolineare le differenze e
l’accettazione all’interno del gruppo partendo appunto da un lavoro maggiormente
svolto dal singolo sulla ricerca dei propri valori”.
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Le immagini sopra sono prese dal laboratorio con i genitori “I castelli dell’identità”.
Tutti gli anni con Luciana Canetti, insegnante MCE, viene concordato un
laboratorio che sviluppa le stesse tematiche del progetto del campo. Ciò avviene per
creare situazioni di reale coinvolgimento dei genitori, per tentare di far assumere un
senso di responsabilità sociale che deriva da una relazione aperta, e per dare ai
bambini il senso di uno sfondo educativo di “insieme”, che dà benessere alle relazioni
tra adulti e bambini.
Il campo è pur sempre un frammento di società, e al suo interno si sviluppa un senso
etico che tocca tutti i componenti.
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NOTE
(nota n.1)
Il Movimento di Cooperazione Educativa è un’associazione di educatori, insegnanti e dirigenti scolastici
fondata sulla cooperazione, sorta in Italia nel 1951. E’ un movimento socio culturale che si sostiene grazie
all’impegno delle persone che ne fanno parte. Alla base della pedagogia del M.C.E. c’è lo scambio tra
educatori attraverso esperienze di laboratorio adulto che permettono di mettersi in gioco sul piano umano e
professionale, per condividere idee e buone prassi intorno al mestiere dell’ educare. La pedagogia MCE si è
caratterizzata per la ricerca sulla relazione educativa, sulle modalità di conoscenza e apprendimento, sulla
sperimentazione metodologica. Le prassi educative del MCE mirano a favorire e progettare una cultura di
pace e una convivenza ispirata ai diritti di cittadinanza per tutti e per tutte.
Il MCE coniuga l’idea di cooperazione con l’impegno pedagogico-culturale e politico per il cambiamento
sociale, e la declina nella formazione degli insegnanti attraverso stage, giornate di studio, corsi e incontri su
esperienze e problemi educativi. Il MCE è presente nelle azioni a difesa della scuola pubblica, nelle sedi
istituzionali e politiche, partecipa al Forum delle Associazioni che il MPI consulta sulle problematiche che
investono la scuola attuale.
Sito web: www.mce-fimem.it
Valeria Margutti
Laureata in Scienze dell’educazione, ha svolto alcune supplenze nella scuola elementare e tiene il servizio di
accoglienza presso la Scuola Elementare di Cocomaro di Cona (Fe).
Marcello Bergamini
Medico pediatra, svolge la sua professione in Ferrara città.
Anna Bellini
Docente elementare in pensione, è stata negli anni ‘70 responsabile del Coordinamento Regionale
dell’EmiliaRomagna del MCE, co-fondatrice insieme a Luciana Canetti del Gruppo Territoriale MCE. Ha
tenuto e tiene corsi di aggiornamento e laboratori per adulti,educatori e insegnanti, bambini e ragazzi, presso
varie Associazioni e presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione di Bologna. Dal 2001 è responsabile del
progetto educativo Le3A.
Paola Gherardi
Docente elementare tuttora in servizio nelle scuole di Bologna, è parte del MCE, diplomata al Mousikè e alla
Scuola di psicomotricità IFRA, in cui svolge tuttora un laboratorio triennale di formazione per
psicomotricisti.
Federica Loponte
Laureata in Psicologia, ha lavorato come insegnante di sostegno nelle scuola materne comunali.
Giacomo Stefani
Diplomato come dirigente di comunità (ITAS), ha svolto attività di educatore presso il CIF,scuola materna di
Ferrara, presso l’Arci e presso la coop Il Germoglio, con la quale tuttora collabora nella gestione di progetto
per adolescenti. Svolge la sua attività educativa presso la Comunità Socio-residenziale “Opera don Calabria,
Città del Ragazzo”.
Luciana Canetti
Docente elementare in pensione, è stata co-fondatrice del Gruppo Territoriale Ferrarese MCE insieme ad
Anna Bellini, responsabile del GT dagli anni ’80 fino agli anni ’90, ha fatto parte del Gruppo Redazione del
MCE, ha svolto attività di aggiornamento e laboratori per educatori, insegnanti, genitori, presso vari Enti,
Associazioni e Scuole. Attualmente svolge un servizio di volontariato con le Cooperative ferraresi Anffas e
Serena, attuando percorsi di teatro con ragazzi e adulti diversamente abili.
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